Badante Appia

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Badante Appia
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“L’arrivo delle badanti … avrebbe fatto in un certo senso da tappo alla crisi del nostro modello di welfare home made. Fatte le debite proporzioni, parliamo dell’arrivo delle Badante Appia avrebbe svolto esattamente la stessa funzione di ammortizzatore sociale assolta finora dalla famiglia autoctona. In questo modo lo shock della transizione è stato evitato, passando senza sbalzi dalla realtà degli aiuti familiari, interamente giocati nella sfera delle relazioni affettive e di sangue, al simulacro, al surrogato, di quegli aiuti trasferiti sulle spalle delle badanti … Donne con donne. Privato con privato. Informale con informale” Ma è sostenibile questo modello di welfare? Quale futuro si prospetta per le badanti? La risposta non appare scontata.

È innegabile che proprio la presenza di una risposta “facile” e del tutto privata alla domanda di assistenza alle persone non autosufficienti rischia di confermare un modello di welfare in cui le istituzioni delegano alle famiglie l’onere della cura: in questa prospettiva, il ricorso alle badanti – in una sorta di “circolo vizioso” – sembrerebbe destinato ad aumentare. A queste conclusioni perveniva nel 2009 un Delphi Group promosso dal Centro Studi Politiche Internazionali  che prevedeva nel decennio a venire un aumento della richiesta di assistenza a domicilio in coabitazione, destinata soprattutto ad anziani non autosufficienti.

Analoga appare la valutazione delle famiglie in merito alla figura della Badante Appia  intervistate nella citata indagine del Censis-Ismu che per il 49.4% ritengono che avranno sempre maggiori difficoltà a sostenere l’assistenza al proprio congiunto. Ma le stesse famiglie, in una percentuale poco inferiore, sono consapevoli che dovranno comunque rinunciare, per problemi economici, all’aiuto della badante. In realtà nel 2009, all’indomani dello “scoppio” della crisi economica, l’aumento che sembrava incessante delle badanti si arresta e tra il 2009 e il 2011 si assiste a una riduzione di 80.000 lavoratori domestici registrati all’INPS (8); un’ulteriore flessione del ricorso ai collaboratori familiari è segnalato, per il 2013, anche dal rapporto Censis – Unipol (9).

Al tempo stesso, complici il peggioramento delle condizioni economiche e la crisi occupazionale, cresce la percentuale di famiglie che affrontano da sole l’impegno assistenziale nonché la disponibilità delle donne italiane al lavoro di cura.  Nei prossimi anni l’aumento della domanda di cura (conseguente all’incremento assoluto del numero di anziani appartenenti alle fasce di età più avanzata) e la riduzione dell’importo delle pensioni, a fronte della difficoltà a comprimere ulteriormente i salari delle badanti, renderà verosimilmente più difficile confermare l’attuale modello di “welfare privato”. Vi è poi l’incognita dell’evoluzione economica e demografica dei Paesi dai quali proviene il flusso oggi apparentemente inesauribile delle badanti.

Trasformazioni di natura economica come si è verificato ad esempio in Polonia, inizialmente uno dei Paesi di provenienza delle Badante Appia o demografica (come si sta verificando in Romania) potrebbero ridurre la disponibilità di lavoratori a basso costo, dando così ragione della definizione che il sociologo dà del nostro stato sociale come di un “welfare senza futuro”.

Se a queste considerazioni aggiungiamo il rischio – già del tutto attuale – della dequalificazione di cure domiciliari affidate spesso unicamente a persone prive di competenze professionali e della difficile integrazione tra le badanti e gli altri nodi della rete, appare non più rinviabile un ripensamento profondo del nostro stato sociale, che lo renda capace di farsi carico dei nuovi bisogni degli anziani non auto sufficienti.

Tel: 06455548090

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